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giovedì 31 gennaio 2019

17 arresti del Ros, colpo a clan Nisseno


Blitz a Mussomeli, fatta luce su estorsioni, droga e un omicidio

MUSSOMELI (CALTANISSETTA), 31 GEN - I Carabinieri del Ros stanno eseguendo a Mussomeli, nel Nisseno, un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 17 indagati a vaio titolo per associazione mafiosa, omicidio, estorsione e traffico di stupefacenti.


    Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Caltanissetta, hanno permesso di ricostruire le dinamiche interne al mandamento mafioso, facendo luce anche su l'omicidio di Gaetano Falcone, avvenuto a Montedoro il 13 giugno del 1998.


    Documentata inoltre la pressione estorsiva sul territorio ai danni di imprenditori e commercianti e un fiorente traffico di sostanze stupefacenti.

(Fonte ANSA.it)



mercoledì 23 gennaio 2019

La nuova Cupola della Mafia


Mafia: inchiesta sulla Cupola, tra i fermati anche il nipote di Greco e il figlio di Lo Piccolo



 La Dda di Palermo ha emesso un decreto di fermo nei confronti di 7 persone accusate di far parte della ricostituita Commissione di Cosa nostra. Il progetto di ridare vita alla Cupola era stato scoperto a dicembre e aveva portato al fermo di 47 tra boss e gregari. Tra i fermati di oggi ci sono due personaggi con cognomi noti: Leandro Greco, nipote del 'papa' di Cosa Nostra Michele Greco, e Calogero Lo Piccolo, figlio del boss ergastolano Salvatore Lo Piccolo: entrambi avrebbero partecipato alle riunioni della Commissione provinciale.

   Leandro Greco, 29 anni, si faceva chiamare come il nonno. Il padre Giuseppe, invece, morto negli anni scorsi, aveva interrotto la 'tradizione' familiare e faceva il regista. Del 'Papa' si ricorda l'augurio, che suonò come una minaccia, fatto da dietro le sbarre dell'Ucciardone alla corte d'Assise che doveva decidere il maxiprocesso.
    I fermi sono scattati anche grazie a due nuovi pentitiFilippo Colletti, capomafia di Villabate fermato il 4 dicembre dai carabinieri con l'accusa di far parte della nuova commissione di Cosa nostra, e Filippo Bisconti, al vertice del mandamento di Belmonte Mezzagno finito anche lui in manette nella stessa indagine.

   Colletti e Bisconti hanno rivelato ai magistrati il loro ruolo di vertice dei 'mandamenti' di Villabate e Belmonte Mezzagno. Entrambi hanno inoltre confermato la riorganizzazione della Commissione provinciale di Cosa nostra svelando le dinamiche interne alla stessa e hanno fornito elementi importanti a carico di Leandro Greco, Calogero Lo Piccolo e Giovanni Sirchia.


   Tra i fermati anche Giovanni Sirchia, affiliato alla famiglia mafiosa di Passo di Rigano: secondo le indagini è colui che si occupava di consegnare ai boss le convocazioni per i summit. In cella anche Giuseppe Serio, Erasmo Lo Bello, Pietro Lo Sicco e Carmelo Cacocciola ai quali è stato contestato il reato di associazione mafiosa e alcuni episodi di estorsioni commesse nel territorio del mandamento mafioso di San Lorenzo.

(Fonte ANSA.it)

mercoledì 9 maggio 2018

Chi era PEPPINO IMPASTATO | 09 Maggio 1978




Peppino Impastato nacque a Cinisi, nella provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa: il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso nel 1963 in un agguato nella sua Alfa Romeo Giulietta imbottita di tritolo.
Il ragazzo rompe presto i rapporti con il padre, che lo caccia di casa, e avvia un'attività politico-culturale antimafia. Nel 1965 fonda il giornalino L'idea socialista e aderisce al PSIUP. Dal 1968 in poi partecipa col ruolo di dirigente alle attività dei gruppi comunisti. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati.
Nel 1976 costituisce il gruppo Musica e cultura, che svolge attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti, ecc.); nel 1977 fonda Radio Aut, radio libera autofinanziata, con cui denuncia i crimini e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti (chiamato «Tano Seduto» da Peppino), che aveva un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell'aeroporto di Punta Raisi. Il programma più seguito era Onda pazza a Mafiopoli, trasmissione satirica in cui Peppino sbeffeggiava mafiosi e politici.
Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni provinciali, ma non fa in tempo a sapere l'esito delle votazioni perché, dopo vari avvertimenti che aveva ignorato, nel corso della campagna elettorale viene assassinato nella notte tra l'8 e il 9 maggio. Col suo cadavere venne inscenato un attentato, per distruggerne anche l'immagine, in cui la stessa vittima apparisse come suicida, ponendo una carica di tritolo sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia. Pochi giorni dopo gli elettori di Cinisi votano ancora il suo nome, riuscendo ad eleggerlo simbolicamente al Consiglio comunale.
Stampa, forze dell'ordine e magistratura parlarono di un atto terroristico in cui l'attentatore sarebbe rimasto ucciso, e di suicidio dopo la scoperta di una lettera, che in realtà non rivelava propositi suicidi. Il delitto, avvenuto in piena notte, passò quasi inosservato poiché proprio in quelle stesse ore venne ritrovato il corpo senza vita del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro in via Caetani a Roma.

L'attività del Centro Impastato, le accuse e le scoperte 

La matrice mafiosa del delitto viene individuata grazie all'attività del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta (1916 - 2004), che rompono pubblicamente con la parentela mafiosa, da Umberto Santino e dalla moglie Anna Puglisi, grazie anche ai compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione di Palermo che viene fondato a Palermo nel 1977, è intitolato proprio a Giuseppe Impastato dal 1980. Sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta l'inchiesta giudiziaria.
Il 9 maggio del 1979 il Centro siciliano di documentazione organizza, con Democrazia Proletaria, la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia d'Italia, a cui parteciparono 2000 persone provenienti da tutto il Paese.
Nel maggio del 1984 l'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del giudice Consigliere istruttore Rocco Chinnici, che aveva concepito e avviato il lavoro del primo pool antimafia ed era stato assassinato nel luglio del 1983, emette una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, sostituto di Chinnici dopo la sua morte, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti.
Il Centro Impastato pubblica nel 1986 la storia della vita della madre di Giuseppe Impastato, nel volume La mafia in casa mia e il dossier Notissimi ignoti, indicando come mandante del delitto il boss Gaetano Badalamenti, nel frattempo condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo alla Pizza connection.
Nel gennaio 1988 il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992 lo stesso tribunale decide l'archiviazione del caso Impastato, ribadendo la matrice mafiosa del delitto, ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei corleonesi.
Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un'istanza per la riapertura dell'inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venisse interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore di giustizia Salvatore Palazzolo, in precedenza affiliato alla mafia di Cinisi. Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto.
Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Palazzolo, che indica in Gaetano Badalamenti il mandante dell'omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l'inchiesta viene formalmente riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Gaetano Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Il 10 marzo 1999 si svolge l'udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata.

I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l'Ordine dei giornalisti chiedono di costituirsi parte civile e la loro richiesta viene accolta. Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinuncia all'udienza preliminare e chiede il giudizio immediato.
Nell'udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in videoconferenza. Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell'Ordine dei giornalisti.
Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso Impastato e il 6 dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini. Nella commissione si rendono note le posizioni favorevoli all'ipotesi dell'attentato terroristico dei seguenti militari dell'Arma dei Carabinieri: il maggiore Antonio Subranni; il maresciallo Alfonso Travali.
Il 5 marzo 2001 la Corte d'assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a trent'anni di reclusione. L'11 aprile 2002 anche Gaetano Badalamenti è stato riconosciuto colpevole e condannato all'ergastolo.
Un aspetto poco noto dell'attività giornalistica di Impastato fu la sua inchiesta sulla strage di Alcamo Marina, in cui vennero uccisi due Carabinieri e della quale furono accusati dai militari comandati da Giuseppe Russo cinque giovani del posto che, si scoprirà poi, furono torturati (e uno di loro forse ucciso in cella) per estorcere false confessioni. La strage era probabilmente legata alla mafia e a elementi dell'Organizzazione Gladio collusi con gli stessi carabinieri. Non si sa cosa l'attivista di Democrazia Proletaria avesse scoperto sulla strage, poiché la cartella con i documenti su Alcamo Marina fu sequestrata dai Carabinieri nella casa della madre Felicia, poco dopo la morte di Peppino, e non fu più restituita a differenza degli altri documenti (come riferito dal fratello Giovanni).

mercoledì 6 luglio 2016

MAFIA EXPO: Sala, Maroni, Renzi, non si sono accorti di nulla in questi anni ? (VIDEO)




Roma, 6 lug. - "Inchiesta sulle infiltrazioni mafiose nei padiglioni della Fiera ad Expo. Sala, Maroni e Renzi non si sono accorti di nulla in tutti questi anni? Mentre ci complimentiamo per il nuovo corso di Francesco Greco che ha dato impulso ad indagini importanti, ci chiediamo con che faccia il neosindaco di Milano Giuseppe Sala, gia' ad di Expo ed il presidente della Regione Maroni ed il presidente del Consiglio Renzi possano presentarsi ai cittadini lombardi come un esempio di trasparenza e lotta alla corruzione". Lo dichiarano i capigruppo M5S di Camera e Senato Laura Castelli e Stefano Lucidi. "Dove erano Sala, Renzi e Maroni in tutti questi anni nel controllare che gli affari di Expo e Fiera non finissero nelle grinfie della criminalita' organizzata? Eppure di allarmi politici e tramite inchieste e moniti da parte di magistrati ne erano stati lanciati tantissimi" concludono i capigruppo M5S.



Il presidente di Regione Lombardia Maroni, l’ex amministratore delegato di Expo e ora sindaco di Milano Giuseppe Sala, il ministro dell’interno Angelino Alfano e tutto il governo del piazzista Renzi hanno fallito. Expo è stata un oltraggio per le politiche antimafia. Il quadro che emerge dall’inchiesta della Dda di Milano, che oggi ha portato a undici arresti per infiltrazioni mafiose in Expo e in Fiera Milano, rappresenta la disfatta annunciata dell’evento “cento per cento mafia free” di Roberto Maroni. E invece la mafia è ingrassata all’ombra dei padiglioni di Expo e della politicizzatissima Fiera di Milano. Le promesse di vigilanza e legalità sono state una barzelletta. Il Presidente Maroni, insieme alla combriccola di Expo Mafia Free, da Sala al Prefetto Tronca, da Pisapia ad Alfano, hanno messo in campo politiche contro l’infiltrazione mafiosa inadeguate e in ritardo, chiudendo i cancelli a buoi scappati. Per fermare il crimine organizzato non servono patti tra gentiluomini. E’ ampiamente dimostrato che la mafia riesce ad infiltrarsi quando la politica lo permette e il caso Fiera Milano, con le nomine politiche, è tutto da chiarire. In Lombardia è necessario dichiarare lo stato di emergenza e azzerare la classe dirigente nelle istituzioni. Gli appalti finiscono nelle mani dei mafiosi che usano la violenza, l’intimidazione, l’omertà e soprattutto la corruzione. Il Comitato Antimafia milanese aveva segnalato i rischi e le azioni da fare per evitarlo come i controlli in notturna, e aveva suonato un campanello d’allarme che purtroppo è rimasto inascoltato. Le istituzioni hanno sottovalutato ogni segnale e sono corresponsabili dell’ingresso in Expo e in Fiera delle imprese mafiose dalla porta principale. Un ringraziamento, e la richiesta di andare fino in fondo, va alla Guardia di Finanza e alla Procura delle Repubblica di Milano.

martedì 10 maggio 2016

#PiovraPD tutti i nomi degli indagati e condannati d'Italia (VIDEO)



#TRIVELLOPOLI

Federica Guidi, ex Ministro del Governo PD, citata nell'inchiesta;
Maria Elena Boschi, Ministro per i Rapporti con il Parlamento, citata nell'inchiesta
Graziano Delrio, Ministro Infrastrutture (Governo - Pd), citato nell'inchiesta
Claudio De Vincenti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (Pd), citato nell'inchiesta
Marcello Pittella, Presidente della Regione Basilicata (Pd), citato nell'inchiesta
Paolo Quinto, Capo della segreteria di Anna Finocchiaro, senatrice del Pd, citato nell'inchiesta
Vito De Filippo, Sottosegretario alla Salute, indagato per induzione indebita
Vincenzo Robortella, Consigliere regionale PD, indagato
Rosaria Vicino, ex Sindaco del Comune di Corleto Perticara, agli arresti domiciliari
Giambattista Genovese, ex Vice sindaco del Comune di Corleto Perticara, sottoposto a misura cautelare.

#GOMORRAPD

Stefano Graziano, consigliere Regione Campania e Presidente PD Campania, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa;
Biagio Di Muro, ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere (eletto con l’appoggio del PD), arrestato per corruzione aggravata.

#MAFIACAPITALE

Pierpaolo Pedetti, consigliere comunale e presidente della commissione 

Patrimonio, arrestato con l'accusa di corruzione aggravata
Mirko Coratti, ex presidente del consiglio comunale, arrestato
Daniele Ozzimo, ex assessore alla Casa, arrestato
Andrea Tassone, del Pd, ex presidente del X Municipio, ai domiciliari
GLI ALTRI ESPONENTI DEL PD SOTTO ACCUSA (dal Fatto Quotidiano del 22 aprile 2016)



Piemonte:


Daniele Valle, consigliere regionale, ha patteggiato sei mesi per lo scandalo firme false.
Rocco Fiorio, indagato nell’inchiesta sulle “giunte fantasma”
Paola Bragantini, deputata PD, indagata per truffa aggravata.
Andrea Stara (compagno della Bragantini) indagato per peculato nell’ambito dei rimborsi regionali.
Giovanni Corgnati, consigliere regionale Piemonte, a processo per falso ideologico
Davide Sandalo, ex presidente del Consiglio comunale di Casale Monferrato (Alessandria), sotto processo per concussione per induzione.
Maura Forte, sindaco di Vercelli, a processo per falso ideologico
Giuseppe Grieco, ex vicesindaco Verbania, indagato per irregolarità alle elezioni
Diego Brignoli, ex presidente del Consiglio comunale Verbania, indagato per irregolarità alle elezioni

Lombardia:
Tiziano Butturini, ex sindaco di Trezzano sul Naviglio, arrestato per corruzione
Filippo Penati, accusato di corruzione e concussione (prescritto).
Luca Gaffuri, capogruppo in regione, rinviato a giudizio per l'inchiesta spese pazze
Carlo Spreafico, consigliere regionale, condannato a 2 anni
Angelo Costanzo, consigliere regionale, condannato a 1 anno e 6 mesi
Luigi Addisi, ex consigliere comunale, arrestato nel 2014 per riciclaggio e abuso d’ufficio con l’aggravante di aver favorito la ’ndrangheta.
Massimo D’Avolio indagato per abuso d’ufficio
Gianpietro Ballardin, sindaco di Brenta indagato a piede libero per favoreggiamento e falso.
Mario Lucini, sindaco di Como, indagato per violazione alle norme edilizie e turbativa d’asta
Maria Rosa Belotti, Sindaco di Pero, indagata per abuso d’ufficio

Liguria:

Antonino Miceli consigliere regionale, rinviato a giudizio per peculato e falso
Marta Vincenzi, ex sindaco di Genova imputata per omicidio colposo, disastro colposo, falso e calunnia.
Raffaella Paita, indagata per omicidio e disastro colposo
Franco Bonanini condannato a 7 anni e dieci mesi per vari reati

Veneto:

Giorgio Orsoni, ex sindaco di Venezia, è imputato di finanziamento illecito ai partiti.
Giampietro Marchese, tesoriere del Pd, indagato per finanziamento illecito ai partiti

Emilia Romagna:

Marco Monari, indagato per peculato
Damiano Zoffoli, europarlamentare, indagato per truffa e peculato
Andrea Gnassi, sindaco di Rimini, accusato di associazione a delinquere e truffa
Virginio Merola, sindaco di Bologna, indagato per omissione d’atti d’ufficio,




ANTEPRIMA trasmissione PIAZZAPULITA
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Toscana:

Gianni Biagi, ex assessore comunale di Firenze, condannato a due anni e mezzo per corruzione
Graziano Cioni, ex assessore alla sicurezza, condannato a un anno e mezzo
Alberto Formigli, ex capogruppo Pd in Consiglio comunale di Firenze: condannato a tre anni e 9 mesi per corruzione e peculato.
Leonardo Domenici. ex sindaco di Firenze, condannato a un anno e mezzo per omicidio colposo
Bruno Valentini, sindaco di Siena, indagato per falso in atto pubblico, abuso di ufficio e truffa.
Alessandro Cosimi, ex sindaco di Livorno indagato per vari reati
Bruno Picchi, ex vicesindaco di Livorno, indagato per abuso d'ufficio
Walter Nebbiai, ex assessore a Livorno, indagato per abuso d'ufficio

Lazio:

Esterino Montino, sindaco di Fiumicino, indagato per abuso d'ufficio
Giancarlo Lucherini, Bruno Astorre, Claudio Moscardelli,Francesco Scalia e Daniela Valentini, Enzo Foschi indagati per truffa e peculato
Marco Di Stefano rinviato a giudizio per abuso d'ufficio truffa e falso
Luigi Lusi, ex senatore romano del Pd, condannato a 8 anni per appropriazione indebita,
Ignazio Marino indagato per truffa ai danni del'Inps

Marche:

Gianmario Spacca, ex governatore, indagato per peculato
Vittoriano Solazzi, indagato per peculato
Angelo Sciapichetti, ex assessore, indagato per concorso in peculato

Umbria:

Leopoldo Di Girolamo, sindaco di Terni, indagato per abuso d'ufficio e favoreggiamento
Fabio Paparelli, vicegovernatore, a processo per le stabilizzazioni del personale nella Provincia.

Abruzzo:

Roberto Riga, ex vicesindaco L'Aquila, indagato per tangenti

Puglia:

Alberto Tedesco, ex assessore regionale, indagato per associazione per delinquere e corruzione
Mimmo Consale, ex sindaco di Brindisi, ai domiciliari per tangenti
Gianni Florido, ex presidente della provincia di Taranto, indagato per concussione
Michele Conserva, assessore all’ambiente, accusato di associazione a delinquere finalizzata alla concussione
Donato Pentassuglia, ex assessore, Indagato per favoreggiamento
Michele Mazzarano, consigliere regionale, sotto processo per finanziamento illecito ai partiti
Fabiano Amati, consigliere regionale, condannato per tentato abuso d’ufficio;
Gerardo De Gennaro, ex consigliere regionale, coinvolto in un’inchiesta su sei grandi opere edilizie a Bari
Ernesto Abaterusso, consigliere regionale, condannato a un anno e 6 mesi

Basilicata:

Marcello Pittella, governatore della Basilicata è imputato in Rimborsopoli, indagato per corruzione elettorale e condannato dalla Corte dei conti
Vincenzo Folino, deputato, indagato per peculato
Giuseppe Ginefra ex assessore indagato per corruzione elettorale
Federico Pace ex assessore indagato per corruzione elettorale
Vito De Filippo indagato per induzione indebita
Luca Braia. rinviato a giudizio per uso illecito di fondi regionali

Campania:

Vincenzo De Luca, governatore, imputato di associazione a delinquere e tentata concussione; abuso d’ufficio; indagato per concussione
Nello Mastursi, ’ex segretario del Governatore, indagato per corruzione per induzione
Enrico Coscioni, il consigliere per la Sanità, accusato di tentata concussione;
Franco Alfieri, il consigliere per l’Agricoltura, indagato per omissione di atti d’ufficio
Antonio Bassolino imputato di peculato.
Enrico Fabozzi, ex sindaco di Villa Literno ed ex consigliere regionale condannato in primo grado a 10 anni per concorso esterno in associazione camorristica.
Giosy Ferrandino sindaco di Ischia, sotto processo per tangenti
Giorgio Zinno (San Giorgio a Cremano), raggiunto da un avviso di conclusa indagine.


dalla trasmissione PIAZZAPULITA


Calabria:

Sandro Principe, ex sottosegretario, arresti domiciliari per voti in cambio di appalti e posti di lavoro ai clan.
Orlandino Greco, consigliere regionale, indagato per corruzione elettorale e voto di scambio politico-mafioso
L’ex assessore regionale Nino De Gaetano, arrestato e indagato per peculato
Nicola Adamo, ex consigliere regionale, indagato per associazione a delinquere
Antonio Scalzo, ex presidente del Consiglio regionale, indagato per peculato e falso
Carlo Guccione ,ex assessore, indagato per peculato e falso
Vincenzo Ciconte, l’ex vicegovernatore indagato per peculato e falso
Michelangelo Mirabello consigliere regionale, è rinviato a giudizio per concorso in bancarotta.

Sicilia:

Mirello Crisafulli indagato per per abuso di ufficio e occupazione abusiva di suolo pubblico e condannato a due mesi per un blocco dell’autostrada Pa-Ct nel 2010
Elio Galvagno, ex deputato regionale, condannato a due mesi per un blocco dell’autostrada Pa-Ct nel 2010
Vito Daniele Cimiotta, consigliere comunale Marsala, indagato per voto di scambio
Nino Papania, deputato, a giudizio per associazione a delinquere finalizzata al voto di scambio
Gaspare Vitrano è stato condannato a sette anni per concussione.

Sardegna:

Renato Soru, ex governatore, condannato a tre anni di reclusione per evasione fiscale


dietro le quinte di PIAZZAPULITA

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venerdì 14 novembre 2014

domenica 31 agosto 2014

Ogni sei mesi Berlusconi ci pagava 250 milioni le rivelazioni di Totò Riina


PALERMO - Salvatore Riina in carcere fa una battuta dietro l'altra sui "festini in Sardegna e in Puglia" di Silvio Berlusconi. "Mubarak Mubarak", ride durante la consueta passeggiata pomeridiana, riferendosi alla versione data dall'ex premier su Ruby, nipote del presidente dell'Egitto. "Che disgraziato, è un figlio di puttana che non ce n'è". E giù con altre risatine. Ma il tono della voce si fa serio quando inizia il racconto degli anni Ottanta e Novanta su Berlusconi: "A noialtri ci dava 250 milioni ogni sei mesi", spiega il capo di Cosa nostra al compagno di ora d'aria, il pugliese Alberto Lorusso. E anche questa frase è finita nelle intercettazioni disposte dai pm di Palermo nel processo "trattativa". 

Per la prima volta, Riina rivela come si articolò quel "patto di protezione" che la Cassazione ha accertato definitivamente, mandando l'ex senatore Marcello Dell'Utri in carcere. Perché Dell'Utri sarebbe stato l'intermediario fra i vertici della mafia e Berlusconi, che prima temeva un sequestro, poi attentati ai suoi ripetitori in Sicilia. 
È la storia di una lunga stagione, che Riina racconta così, il 22 agosto dell'anno scorso: "È venuto, ha mandato là sotto ad uno, si è messo d'accordo, ha mandato i soldi a colpo, a colpo, ci siamo accordati con i soldi e a colpo li ho incassati". Diversamente, come è emerso dai processi, andò a Catania. Conferma Riina: "Gli hanno dato fuoco alla Standa ed i catanesi dicono: ma vedi di.... Non ha le Stande? gli ho detto: da noi qui ha pagato... così li ho messi sotto. Gli hanno dato fuoco alla Standa... minchia aveva tutte le Stande della Sicilia. Gli ho detto: bruciagli la Standa". 

Ed ecco il passaggio che per i pm vale più di tutti i racconti dei pentiti al processo Dell'Utri: "A noialtri ci dava 250 milioni ogni sei mesi", rivela il capo di Cosa nostra dopo 47 minuti di passeggiata nell'atrio del carcere milanese di Opera. E spiega come iniziò tutto: "Quello... è venuto il palermitano... mandò a lui, è sceso il palermitano ha parlato con uno... si è messo d'accordo... Dice vi mando i soldi con un altro palermitano. 
Ha preso un altro palermitano, c'era quello a Milano. Là c'era questo e gli dava i soldi ogni sei mesi a questo palermitano. Era amico di quello... il senatore". Ovvero, Dell'Utri, che Riina definisce "una persona seria". Il "palermitano" dovrebbe essere invece il boss Tanino Cinà, che negli anni Settanta suggerì a Dell'Utri di mandare Vittorio Mangano come stalliere ad Arcore quando Berlusconi cercava "protezione". 

Adesso, questo monologo di Riina è agli atti del processo Stato-mafia: per i pm Di Matteo, Del Bene, Tartaglia e Teresi è una conferma del ruolo di intermediario svolto da Dell'Utri nella seconda fase della trattativa. 
Oggi, però, Riina esprime giudizi pesanti sull'ex premier, anche se precisa di non averlo mai incontrato ("Non era così famoso ai miei tempi, altrimenti l'avrei cercato"): "Noi su Berlusconi abbiamo un diritto, sapete quando? Quando siamo fuori lo ammazziamo". Precisa: "Non lo ammazziamo però perché noi stessi non abbiamo il coraggio di prenderci il diritto". Alla fine, riprende a scherzare attorno al "buffone", al "disgraziato", così lo chiama. Scherza sui soldi che Berlusconi deve all'ex moglie. 
E sul calciatore brasiliano Pato, fidanzato con la figlia dell'ex premier: "Sta Barbarella è potentosa come suo padre, si è messa sotto quello lì, lui era un potente giocatore e non ha potuto giocare più".
Prima di rientrare in cella, Riina dà del "disgraziato" al ministro Angelino Alfano. 
E Lorusso concorda: "Il più cattivo ministro di sempre, si sta impegnando per i sequestri di beni".

(Repubblica.it)



giovedì 21 agosto 2014