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sabato 22 febbraio 2025

Due Hermes Tarocche a Pascale | Santanchè vuccumprà

Nel 2014 il regalo all’ex fidanzata di Berlusconi, che due anni fa va in boutique per una riparazione e scopre il fattaccio: “Sono false”


Selvaggia Lucarelli/FQ/21-02-25
Corre l’anno 2014. Forza Italia è sempre più spaccata, Silvio Berlusconi non si fida più neppure dei suoi fedelissimi e intanto Daniela Santanchè raccoglie firme per la grazia a Silvio. E con lui, punta a un’alleanza nel mondo dell’editoria. Soprattutto, fa leva su Verdini perché vuole diventare la coordinatrice del partito. Ha un problema: deve conquistare la fiducia di Francesca Pascale, che è una dura come come il marmo del mausoleo di Arcore. E quindi, la Pitonessa attende il momento perfetto e gli argomenti giusti per scioglierle il cuore.
Arriva il compleanno di Pascale e pensa bene di regalarle due borse di lusso. Non due borse qualunque, ma le famose Hermes, quelle talmente esclusive da essere vendute tramite una lista di attesa che può durare mesi, talvolta anni. Santanchè ne ha sempre sfoggiate una quantità spaventosa, decine e decine in tutti i colori, formati e, soprattutto, materiali (dallo struzzo al coccodrillo). Prezzi di queste borse: dai 6.000 ai 100.000 euro, e anche più. Fatto sta che Santanchè regala a Pascale una borsa rosa pesca e una verde militare, in due occasioni diverse. Una delle due è una Birkin, l’altra una Kelly del valore di 18.000 euro. Berlusconi storce il naso, rimprovera la sua fidanzata di avere accettato. “Troppo costosa, non va bene”, le dice. Poi si sa, una Hermes è per sempre, le relazioni no, e Pascale lascia Arcore senza dimenticare di portare via con sé i regali della Pitonessa.
Due anni fa, alla borsa verde si rompe la cerniera interna, per cui Pascale va nella boutique Hermes in via Montenapoleone, a Milano, per chiedere che venga riparata. Il commesso osserva la borsa, la porta nel retro e dopo un po’ fa cenno a Pascale di raggiungerlo. È mortificato, ma deve sequestrare la merce perché risulta contraffatta (le borse di lusso hanno dei codici identificativi). Pascale è paonazza, spiega che la borsa le è stata regalata e a quel punto probabilmente passa pure per bugiarda, fatto sta che il commesso, mosso a compassione, le dice di tenerla pure, ma che non può riparare borse false.
Passa un po’ di tempo e Pascale incontra Daniela Santanchè. Ne approfitta per dirle che ha scoperto che le borse sono tarocche: “Scusa, ma mi vuoi dire che mi regali borse false? Non avrei avuto problemi ad accettarle, ma mi sarei risparmiata la figuraccia di andare in boutique per farle riparare!”.
Santanchè balbetta, dice che non è vero, che non è possibile e così via, ma non è la prima volta che viene accusata di essere attratta da merce falsa (già in passato era stata fotografata in spiaggia mentre guardava della merce contraffatta di un venditore ambulante) e da anni gira voce che a Forte dei Marmi sia una fan del “mercato parallelo” (come lo chiama lei, secondo i bene informati).
Ai tempi, nel 2017, contattata da Il Tirreno che aveva pubblicato la sua foto al Twiga Beach di Marina di Pietrasanta mentre, seduta su un lettino, osservava la mercanzia proposta da una venditrice extracomunitaria, rispose piccata: “Un conto è guardare e anche apprezzare qualcosa, un conto è comprarlo. E io non ho comprato mai niente. Neppure in questa occasione. Osservavo e basta: si può fare? Anzi dirò di più: quando alcuni amici o ospiti su spiaggia si mettono a comprare qualcosa di illegale, perché stiamo parlando di commercio abusivo, mi arrabbio e anche parecchio!”. E anni dopo, quando Virginia Raggi finì sui giornali perché accusata (falsamente) di indossare una Birkin da migliaia di euro, Santanchè commentò: “Attaccare la Raggi per la borsa mi sembra non solo ridicolo, ma anche molto stupido… Sono solidale se la borsa è vera, mentre mi sentirei male se l’avesse comprata dai marocchini”.
Insomma, interpellata dalla stampa Santanchè è un’implacabile nemica della contraffazione eppure, oltre allo spassoso aneddoto su Francesca Pascale, osservando con attenzione le sue foto con le decine di Birkin e Kelly di tutti i colori che sfoggia pure per andare in Parlamento, sulla loro autenticità vengono molti dubbi.
Un mio conoscente che ha lavorato in passato in boutique da Hermes ha osservato le numerose foto online e ha delle perplessità – per esempio – su una Kelly beige che, secondo lui, ha degli angoli molto sospetti.
Fatto sta che facendo due conti veloci, se tutte le sue Hermes fossero originali, Daniela Santanchè potrebbe risanare i conti delle sue società e comprarsi pure Mondadori. Resta solo un piccolo problema: la madrina e ambasciatrice del Made in Italy, quella secondo la quale bisogna puntare tutto sulle meraviglie nazionali, sui prodotti italiani, sulle risorse del paese, ha regalato sue Hermes tarocche. A quanto pare è un po’ meno convinta del valore del Made in France.
Probabilmente, da ministra del Turismo quale è, la sua è una abile nonché subdola operazione di boicottaggio dei marchi francesi per farci ridare la Gioconda. Liberté Égalité Santanchè.

venerdì 29 gennaio 2016

In EUROPA il PD vota a favore dell'Olio tunisino danneggiando l'ITALIA



Socialisti e Pd in Europa hanno votato l'accesso a dazio zero di decine di migliaia di tonnellate di olio tunisino. 
UN COLPO BASSO alle produzioni italiane, già gravate da contraffazioni e truffe.
L'ennesimo capolavoro del PD ANTI-ITALIANO 






Alessia Mosca (Eurodeputata PD)

Oggi in Commissione Commercio internazionale abbiamo votato una proposta di emergenza della Commissione europea per aiutare l'economia tunisina in grave difficoltà, ancor più dopo i recenti attentati terroristi.

La proposta prevede l'importazione senza dazi doganali di 70.000 tonnellate di olio tunisino in Europa per il 2016 e il 2017.
La Tunisia è l'unico Paese del Nord Africa stabilmente avviato verso la creazione di un regime compiutamente democratico e proprio per questo motivo è stato preso di mira dai terroristi, che hanno ulteriormente ridotto in ginocchio il Paese, già vessato da una gravissima crisi economica, compromettendo la maggiore fonte di entrate, il turismo.
La popolazione tunisina, stremata dalla fame, negli ultimi mesi aveva, anch'essa, cominciato sempre più frequentemente a intraprendere il viaggio verso l'Europa, andando ad aggiungersi all'esodo di cui vediamo le tragiche immagini in tutti i nostri telegiornali e che tanto duramente sta mettendo a prova la tenuta dell'Unione europea – ne approfitto per ricordare, tra l'altro, che la Tunisia al momento sta ospitando 1.800.000 rifugiati dalla vicina Libia. Il provvedimento approvato oggi è, dunque, un esempio concreto di quel "aiutiamoli a casa loro" che diverse forze politiche hanno sbandierato come saggia proposta durante le fasi più critica dell'emergenza migranti, salvo poi "dimenticarsi" di fare e attuare proposte che permettessero di realizzare tale "aiuto".



Noi lo abbiamo fatto oggi e lo rivendichiamo con forza, perché o l'Unione europea riesce a dare attuazione ai propri valori fondanti, primo tra tutti la solidarietà, o diventa reale il rischio di ridurre il più grande politico del '900 a una mera unione doganale. Tuttavia, non abbiamo approvato questa misura ignorando le preoccupazioni dei produttori di olio europei e, nello specifico, italiani: grazie a un lavoro che abbiamo portato avanti negli ultimi mesi, siamo riusciti a inserire l'obbligo di verifica di questa misura alla fine del suo primo anno di entrata in vigore. Abbiamo, infatti, chiesto alla Commissione di valutare l'impatto di questa decisione sul mercato europeo dell'olio d'oliva e di prendere misure correttive qualora l'equilibrio del mercato UE dovesse essere alterato. Una valutazione che, tra le altre cose, permette di individuare e stroncare sul nascere anche gli abusi di ogni tipo, primo tra tutti quello relativo all'etichettatura "fasulla" dell'olio. Le nostre ambizioni erano innegabilmente più alte: abbiamo presentato emendamenti volti a mitigare gli effetti delle misure senza compromettere gli aiuti, come ad esempio una dilazione in dieci mesi delle importazioni e una limitazione del periodo di applicazione della misura (da 2 a 1 anno, con possibilità di rinnovo ove la situazione di gravità persista). Nonostante non abbiano ottenuto la maggioranza, queste proposte hanno comunque riscontrato un grande sostegno nella commissione Commercio internazionale, aprendo alla possibilità che nella votazione finale in sessione plenaria (la prossima settimana) riusciremo a ottenere una ulteriore mitigazione dell'impatto di questa decisione sulle produzioni europee e italiane.

martedì 3 novembre 2015

Quando il pomodoro cinese diventa "Made in Italy" (VIDEO)




Fino a 120 mila tonnellate di concentrato di pomodoro importate dalla CINA, una volta arrivato in ITALIA viene lavorato e rimpastato in 800 milioni di tonnellate di prodotti finiti, tipo ketchup, sughi pronti, concentrati ecc.... che noi ci compriamo come prodotti italiani.
Pesticidi che in Italia sono illegali e sono stati considerati tossici e addirittura CANCEROGENI, e messi fuori produzione da più di 10 anni, in CINA vengono utilizzati normalmente e in dosi massicce per avere più produzione e abbassare il prezzo !!!!