La giornata mediatica è iniziata con un articolo che, partendo dalle dichiarazioni che De Masi ha rilasciato tempo fa in un’intervista, ricostruisce una serie di dinamiche per interposta persona e arriva alla conclusione che Beppe Grillo è stato l’unico a sostenere il governo Draghi.
Se non ci avete capito niente e vi sembra chiara solo la conclusione, non siete soli.
Personalmente mi confonde anche il fatto che alcune dichiarazioni dell’articolo sono riportate senza che si capisca chi le ha rilasciate.
Aggiungiamo poi che alcuni passaggi, che ho vissuto personalmente, non mi tornano.
Ma a questo sono ormai abituata.
In ogni caso, l’articolo è rimbalzato ovunque nel mondo a 5 stelle.
E quindi, nel dubbio, ripetiamo insieme:
“Beppe Grillo ci ha consegnato al governo Draghi”, praticamente un mantra da condividere su quante più bacheche e commenti possibili.
Poi però ricordo che TUTTA l’allora dirigenza del M5S ha sostenuto la necessità di entrare nel governo Draghi, senza eccezioni.
E che solo in seguito alla pressione di alcuni esponenti del M5S, che assolutamente non volevano entrare in quel governo, fu indetta una votazione. E quindi ogni iscritto ha avuto la possibilità di scegliere. Maledetta democrazia diretta!
Tanto per aggiungere confusione a frustrazione, nel pomeriggio arriva la notizia della rescissione del contratto di consulenza di Beppe Grillo. In realtà, si scopre poi che il contratto è ancora in essere, ma il Presidente Conte ha annunciato la decisione di non rinnovarlo e a quanto pare lo ha fatto attraverso il nuovo libro di Bruno Vespa.
Al netto del contratto, come è possibile che una notizia del genere sia scritta in anteprima in un libro di Bruno Vespa? E come è possibile che sia scritta in un libro che uscirà tra pochi giorni?
Immagino sia necessario del tempo per scrivere un libro, il che significa che la decisione è stata presa tempo fa e comunicata (solo?) a Bruno Vespa (perché?) o, in alternativa, se è stata presa oggi, come ha fatto a finire in un libro che uscirà tra pochi giorni?
Che poi davvero mi chiedo: ma perché è inserita in un libro di Bruno Vespa che, per altro, a giudicare dal titolo, si concentra sul rapporto tra Hitler e Mussolini?
La confusione aumenta, ma nel dubbio diamo la colpa a Beppe Grillo, perché quel “Draghi grillino” è stata una pessima scelta di comunicazione. Talmente pessima che ancora oggi è l’unica cosa che tutti ricordano di quel momento storico.
Come il nostro Garante, Beppe Grillo,anche io credo che ci troviamo a un crocevia fondamentale della nostra storia, perché da quello che succederà nelle prossime settimane dipenderà il futuro del nostro amato MoVimento.
Al pari di Beppe, sono convinta che lungo il percorso che ci porterà alla costituente di ottobre dobbiamo riflettere sulla nostra storia e anche sulle nostre radici, senza però mutare il nostro DNA, che è racchiuso in quei 3 pilastri imprescindibili che sono: la regola del secondo mandato, il nostro simbolo e il nostro nome.
Quel nome e quel simbolo che non sono mai cambiati se non per l’aggiunta di una parola nel logo nelle varie campagne elettorali, prima 2050 e poi #pace, rappresentano la nostra identità, i nostri valori, le bandiere sotto cui si sono riconosciuti e continuano a riconoscersi milioni di cittadini italiani che hanno creduto in un modo diverso di fare politica.
La nostra storia, poi, vale più di un volto noto al secondo mandato!
Anzi, il solo pensare di mettere in discussione la nostra identità mutando il nostro DNA ci farà perdere altro consenso, nascondendo sotto al tappeto le reali cause del deludente risultato alle scorse europee.
Sul tema del secondo mandato mi sono già espressa più volte, e posso solo dire che è davvero triste vedere che il superamento di questo vincolo sia diventato l’unico obiettivo per i molti (o i pochi) che ne trarranno beneficio; i quali però dimenticano, o fingono di non ricordare, che si sono candidati accettando proprio quella regola che oggi vorrebbero cancellare o modificare.
Una costituente, per quanto importante, non può e non deve trasformare un MoVimento come il nostro in un partito tradizionale. Non è accettabile che si apra una costituente per rilanciare il MoVimento 5 Stelle, e alla fine si esca come la brutta copia di un qualunque altro partito.
Permettetemi di dire, cari attivisti, cari amici e colleghi portavoce, che dalle risposte scomposte, aggressive alla lettera di Beppe - che per me racchiudeva concetti scontati per tutti noi - ho purtroppo percepito che il vero obiettivo di questo processo che stiamo affrontando sia in realtà quello di fare definitivamente quel “salto di specie”, restando in ambito scientifico, che ci trasformerà in qualcos'altro, dando vita a un qualche tipo di “mostro”.
La strategia posta in essere per questa involuzione è quella di abbattere l’ultimo argine di resistenza, che è rappresentato dal nostro Garante, e con lui da quei pochi che non si sono mai piegati al volere del capo di turno.
Si sta mettendo in atto un vero e proprio “grillicidio”; con una violenza che mi ha profondamente turbata, sia nel metodo usato che nel merito delle questioni sollevate. La tecnica è quella "bullesca" che abbiamo sempre stigmatizzato e condannato quando veniva esercitata da altri che volevano emarginare e isolare qualcuno. Si attacca, cioè, all' improvviso. Tutti contro uno, ripetendo all' unisono le stesse cose, affinché una bugia, detta e ridetta all' infinito, diventi poi una verità.
Ma entriamo nel merito delle questioni sollevate, o meglio delle menzogne più e più volte ripetute. Come si fa a dire che Beppe non vuole mettersi in discussione nella costituente se proprio lui ha sdoganato la democrazia diretta e riaffermato quei 3 pilastri imprescindibili che adesso vuole solo tutelare? Abolire il vincolo di mandato significa infatti tradire il principio secondo cui l’eletto è un portavoce dei cittadini, i quali sono i soli e veri detentori del potere! Come si fa ad accusare Beppe di voler decidere tutto da solo dopo che per anni sono stati nominati coordinatori e dirigenti senza alcuna interlocuzione con iscritti e portavoce che vivono nei territori interessati da quelle nomine?
Si ripete come un mantra che dopo questa costituente partirà un percorso collegiale per tutte quante le decisioni, comprese quelle oggi in capo al vertice. Ottimo! Staremo a vedere. Il tempo è come sempre galantuomo. Permettetemi però di dire che ho qualche dubbio al riguardo. Troppe volte si è anche pubblicamente preso questo impegno, ma poi le cose sono andate come tutti sappiamo.
Cari attivisti, amici e colleghi portavoce, come è possibile poi sostenere che quella di Beppe era solo “un’intuizione”, senza tener conto che dietro quell’intuizione c’è tanto lavoro, studio, perseveranza e sacrificio personale, e soprattutto dimenticando che noi, tutti noi, siamo il frutto di quello che si vuole ridurre semplicisticamente a un “colpo di genio”? Se si fosse trattato solo di un’intuizione, come si giustifica che Beppe e Gianroberto, da soli, siano riusciti a portare milioni di persone nelle piazze e nelle urne? Quelle stesse che oggi, invece, sono vuote.
Ancora: come si fa a considerare “dogmi” i nostri pilastri che sono i principi della nostra identità? Se passasse questa affermazione, allora potremmo considerare un semplice “dogma” finanche l’antifascismo, che è invece il cuore della nostra Costituzione?
Mi sia infine consentito dire che anche la narrazione di Grillo pro Draghi non ha alcun fondamento di verità. Secondo voi chi volle la formazione di quel Governo? I parlamentari al secondo mandato che non volevano andare a casa in caso di nuove elezioni? I ministri e sottosegretari in pectore? Oppure Beppe Grillo, che era invece l’unico a non trarre alcun beneficio da quell’Esecutivo? Le dichiarazioni di Beppe a sostegno di quel progetto furono solo il suo ennesimo, generoso tentativo di esporsi ancora una volta in prima persona quando gli altri non avevano il coraggio di farlo. Il suo ulteriore sacrificio fatto per non spaccare il gruppo parlamentare, che poi comunque si spaccò con la scissione di Di Maio quando, qualche mese dopo, mettemmo in discussione il sostegno a quel Governo che stava sistematicamente distruggendo tutte le nostre riforme.
Ecco perché attivisti, amici e colleghi portavoce, ritengo surreali, ingiusti e ingrati gli attacchi al nostro Garante, che invece andrebbe sempre e solo ringraziato per aver permesso a tutti noi, e a milioni di cittadini, di realizzare quello che per gli altri era solo un'utopia, e per la forza con cui ancora custodisce il nostro sogno, indicandoci la strada da seguire.
Amiamolo, questo nostro sogno, difendiamolo, con l'amore, la passione che abbiamo sempre messo in questi anni. E come ho già avuto modo di dire, a chi prova a convincerci che il sogno è morto e che è tempo di svegliarci nella realtà, gridiamo forte: evviva il sogno! Evviva il MoVimento 5 Stelle.
Un anno fa l'Italia si è espressa secondo il mandato parlamentare
«Sono qui per l'informativa sulle modifiche al Mes non solo perché doverosa dopo la richiesta ma anche perché ho sempre cercato di assicurare una interlocuzione chiara e trasparente con Il Parlamento». Lo dice il Presidente Del ConsiglioGiuseppe Conte in Aula alla Camera per le comunicazioni sul Mes. Il presidente del Consiglio attacca duramente il leader della LegaSalvini e la leader di FdiGiorgia Meloni: «Chi è all’opposizione sta dando prova di scarsa cultura delle regole e mancanza di rispetto per le istituzioni». L’informativa di Conte si svolge in un clima di forte tensione tra i parlamentari presenti.
Le accuse all’opposizione
Durissimo e senza mezzi termini l’attacco all’opposizione. «Mi sono sorpreso, se posso dirlo, non della condotta del senatore Salvini, la cui “disinvoltura” a restituire la verità e la cui “resistenza” a studiare i dossier mi sono ben note, quanto - ha detto Conte - del comportamento della deputata Meloni» nel «diffondere notizie allarmistiche, palesemente false» sul Mes. E ancora: «È stato anche detto che il Mes sarebbe stato già firmato, e per giunta di notte. Anche chi è all’opposizione ha compiti di responsabilità» ha sottolineato Conte. «Una falsa accusa di alto tradimento della Costituzione è questione differente dall’accusa di avere commesso errori politici o di avere fatto cattive riforme: è un’accusa che non si limita solo a inquinare il dibattito pubblico e a disorientare i cittadini, è indice della forma più grave di spregiudicatezza perché pur di lucrare un qualche effimero vantaggio finisce per minare alle basi la credibilità delle istituzioni democratiche e la fiducia che i cittadini ripongono in esse».
La ricostruzione dei fatti e la posizione dell’Italia
«Posso dunque affermare che, poco meno di un anno fa - ha minuziosamente ricostruito Conte - l’Italia, da me rappresentata, si è espressa in sede europea in maniera perfettamente coerente con il mandato ricevuto da questo Parlamento. Su tali basi è stato dato l’incarico all’Eurogruppo di procedere alla predisposizione di una bozza di revisione del Trattato Mes». Conte ha poi rivendicato che la Lega - che oggi lo attacca sul Fondo salva Stati - a giugno in aula aveva espresso valutazioni in linea con le sue. «Nelle comunicazioni rese il 27 giugno 2018, benché tema centrale fosse quello dell’immigrazione, ho voluto affrontare in modo esplicito anche la questione relativa alla riforma del Mes.
Al riguardo, ho affermato: “Non vogliamo un Fondo monetario europeo che, lungi dall’operare con finalità perequative, finisca per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti con sostanziale esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci”. Nel corso del conseguente dibattito alla Camera, la maggior parte dei deputati intervenuti non ha affrontato l’argomento, ad eccezione dell’onorevole Gelmini (Forza Italia) e dell’onorevole Molinari (Lega). Entrambi si sono limitati a esprimere valutazioni di principio, peraltro coerenti con l’indirizzo espresso sul punto nel mio intervento».
Il discorso integrale di Giuseppe Conte al Senato.
“Gentile Presidente, gentili Senatrici, gentili Senatori, ho chiesto di intervenire per riferire sulla crisi di governo innescata dalle dichiarazioni del Ministro dell’Interno, leader di una delle due forze di maggioranza.
Ho sempre limpidamente sostenuto che, in caso di interruzione anticipata dell’azione di governo, sarei tornato qui, nella sede istituzionale dove inizialmente ho raccolto la fiducia.
Questa iniziativa non cela il vezzo di un giurista né tantomeno è dettata da un moto di orgoglio personale. Nasce dalla convinzione che il confronto in quest’Aula - franco, trasparente - sia lo strumento più efficace per garantire il buon funzionamento di una democrazia parlamentare.
Non si tratta di rendere omaggio a mere regole di forma, bensì di rispettare regole che implicano “sostanza politica”, poste a presidio della piena tutela dei diritti di tutti cittadini.
Il giorno 8 agosto 2019 il Ministro Salvini, dopo avermi anticipato la decisione nel corso di un lungo colloquio, ha diramato una nota con la quale ha dichiarato che la Lega non era più disponibile a proseguire questa esperienza di governo e ha sollecitato l’immediato ritorno alle urne elettorali.
A conferma di questa decisione, la Lega ha depositato in Parlamento una mozione di sfiducia nei confronti del Governo.
Siamo al cospetto di una decisione oggettivamente grave, che comporta conseguenze molto rilevanti per la vita politica, economica e sociale del Paese. Ed è per questo che merita di essere chiarita in un pubblico dibattito che consenta trasparenti assunzioni di responsabilità da parte di tutti i protagonisti di questa crisi. La politica dei nostri giorni si sviluppa, per buona parte, sul piano comunicativo, affidandosi a un linguaggio semplificato. E’ il segno inevitabile dei tempi.
Ma io ho garantito sin dall’inizio che questa sarebbe stata un’esperienza di governo all’insegna della trasparenza e del cambiamento, e non posso permettere che questo passaggio istituzionale così rilevante possa dipanarsi a mezzo di conciliaboli riservati, di comunicazioni affidate ai social o di dichiarazioni rilasciate per strada o nelle piazze, senza un pieno e ufficiale contradditorio.
L’unica sede in cui il confronto pubblico può svolgersi in modo istituzionale e trasparente è il Parlamento, dove siedono i Rappresentanti della Nazione e, quindi, dei cittadini.
La decisione della Lega di interrompere questa esperienza di governo al fine di tornare urgentemente alle urne elettorali è oggettivamente grave - l’ho appena anticipato - per le seguenti ragioni:
1) innanzitutto, questa crisi interviene a interrompere prematuramente un’azione di governo che procedeva operosamente e che già nel primo anno aveva realizzato molti risultati e molti ancora ne stava realizzando;
2) questo governo era nato per intercettare l’insoddisfazione dei cittadini che, con il voto del 4 marzo 2018, avevano manifestato il desiderio di un “cambio di passo” rispetto alle politiche pregresse e per questo mirava a realizzare un ampio disegno riformatore, che ora viene bruscamente interrotto;
3) questa decisione vìola il solenne impegno che il leader della Lega aveva assunto all’inizio della legislatura, sottoscrivendo il contratto di governo con il Movimento 5 Stelle; ricordo che il contratto prevede, in caso di divergenze, l’impegno delle parti di “discuterne con la massima sollecitudine e nel rispetto dei principi di buona fede e di leale cooperazione”;
4) i tempi di questa decisione espongono a gravi rischi il nostro Paese: una crisi in pieno agosto espone a elezioni anticipate in autunno. Considerando i tempi costituzionalmente necessari per la convocazione delle nuove camere e per la formazione del governo, il rischio di ritrovarsi in esercizio provvisorio è altamente probabile. Nell’ambito di una congiuntura economica internazionale non certo favorevole, il nuovo governo si ritroverebbe nella difficoltà di contrastare l’incremento dell’Iva e con un sistema economico esposto a speculazioni finanziarie e agli sbalzi dello spread.
5) Aggiungo che questa crisi interviene in un momento delicato dell’interlocuzione con le Istituzioni europee. Siamo in avvio di legislatura e proprio in questi giorni si stanno concludendo le trattative per le nomine dei commissari e per la copertura di altre delicate posizioni. Mi sono sin qui personalmente adoperato per assicurare all’Italia un rilievo centrale nel nuovo assetto, in linea con il prestigio e la forza economica e culturale del nostro Paese. E’ evidente che l’Italia corre ora il rischio di partecipare a questa trattativa in condizioni di oggettiva debolezza.
Sono queste le ragioni che mi inducono a valutare come fortemente irresponsabile la decisione di innescare la crisi di governo. Per questa via, il Ministro dell’Interno ha mostrato di inseguire interessi personali e di partito.
E’ pienamente legittimo, per una formazione politica, mirare a incrementare il proprio consenso elettorale.
Ma affinché un sistema democratico possa perseguire il bene comune e possa funzionare secondo criteri di efficienza, ogni partito è chiamato a operare una mediazione, filtrando gli interessi di parte alla luce degli interessi generali.
Quando una forza politica si concentra solo su interessi di parte e valuta le proprie scelte esclusivamente secondo il metro della convenienza elettorale, non tradisce solo la vocazione più nobile della politica, ma finisce per compromettere l’interesse nazionale.
Quando si assumono così rilevanti incarichi istituzionali - peraltro sottoscrivendo un contratto di governo e dando avvio al governo del cambiamento - bisogna essere consapevoli che si assumono specifici doveri e responsabilità nei confronti dei cittadini e verso lo Stato, che non è possibile accantonare alla prima convenienza utile.
Far votare i cittadini è l’essenza della democrazia. Sollecitarli a votare ogni anno è irresponsabile.
Le scelte compiute e i comportamenti adottati in questi ultimi giorni dal Ministro dell’interno - mi assumo la responsabilità di quel che affermo - rivelano scarsa sensibilità istituzionale e grave carenza di cultura costituzionale. Perché aprire la crisi in pieno agosto, quando ormai da molte settimane - certamente già all’esito delle elezioni europee - era chiara l’insofferenza per la prosecuzione di una esperienza di governo, giudicata ormai limitativa delle ambizioni politiche di chi ha chiaramente rivendicato “pieni poteri” per guidare il Paese?
La scelta di rinviare fino a oggi la comunicazione di una decisione evidentemente assunta da tempo - mi duole affermarlo con tanta nettezza – è un gesto di grave imprudenza istituzionale, innanzitutto irriguardoso nei confronti del Parlamento e, in ogni caso, suscettibile di precipitare il Paese in una vorticosa spirale di incertezza politica e di instabilità finanziaria.
Peraltro questa decisione è stata annunciata dal Ministro dell’Interno subito dopo avere incassato l’approvazione, con la fiducia, del decreto-legge “sicurezza bis”, con una coincidenza temporale che suggerisce opportunismo politico.
Palesemente contraddittorio appare, infine, il comportamento di una forza politica che, pur dopo avere presentato al Parlamento una mozione di sfiducia nei confronti del Governo, non ritiri i propri Ministri. Come si può conciliare la presentazione di una mozione di sfiducia con la permanenza in carica dei propri Ministri ?
Amici della Lega, per preparare e giustificare la scelta di far ritorno alle urne elettorali, avete tentato, maldestramente, di accreditare l’idea di un “governo dei no” e del “non fare”.
Pur di battere questa fatua grancassa mediatica avete macchiato quattordici mesi di intensa attività di governo. In questo modo avete offeso non solo il mio impegno personale, ma anche la costante dedizione dei vostri stessi Ministri e Sottosegretari, che mi hanno affiancato sino all’ultimo giorno nelle attività di governo.
In questo modo avete offeso la verità dei fatti.
Avete oscurato le misure per rafforzare la sicurezza che i cittadini attendevano da tempo; le norme anticorruzione, il protocollo di azione per la “terra dei fuochi”, il codice rosso contro la violenza alle donne.
Avete oscurato tutte le varie misure adottate per accelerare e rilanciare gli investimenti: il decreto crescita, lo “sblocca cantieri”, il decreto semplificazioni, il decreto Genova, il piano “ProteggiItalia” contro il dissesto idrogeologico, le norme per sboccare i fondi per l’edilizia scolastica, per sbloccare gli avanzi di amministrazione dei comuni.
Avete calpestato le misure di protezione sociale che insieme abbiamo adottato: quota 100, decreto dignità, reddito di cittadinanza, rimborsi ai risparmiatori truffati dalle banche.
Avete offuscato la miriade di iniziative che sono valse a sbloccare opere ferme da anni: il Tap, il Terzo valico, le autostrade Asti-Cuneo e Ragusa-Catania, il quadrilatero Marche-Umbria, gli aeroporti di Crotone, Foggia e Reggio Calabria, il porto di Gioia Tauro; le varie misure di risoluzione delle crisi aziendali, per rilanciare il Sud, per tenere fuori la politica dalla sanità, per rafforzare la ricerca, per rendere più efficiente la pubblica amministrazione e per sbloccare le assunzioni nel pubblico impiego; ricordo che adesso disponiamo, finalmente, di un unico piano tariffario per le concessioni autostradali che ci consentirà di controllare più efficacemente gli effettivi investimenti ed eventuali aumenti dei pedaggi.
Avete cancellato i vari provvedimenti con cui abbiamo avviato la riforma fiscale e abbiamo investito nell’innovazione tecnologica.
Avete oscurato gli interventi di riforma della governance dello sport, e i successi ottenuti con l’assegnazione a Milano-Cortina delle Olimpiadi invernali 2026 e delle Atp finals di tennis a Torino.
Questo è un governo che ha lavorato intensamente sino all’ultimo giorno e ha prodotto numerose, significative riforme. Altroché “governo dei no”. La verità è un’altra: all’indomani della competizione europea, il Ministro dell’Interno e leader della Lega, forte del successo elettorale conseguito, ha posto in essere un’operazione di progressivo distacco dall’azione di governo, un’operazione che ha finito per distrarlo dai suoi stessi compiti istituzionali e che lo ha indotto alla costante ricerca di un pretesto che potesse giustificare la crisi di governo e il ritorno alle urne.
Questa decisione, tuttavia, ha compromesso il lavoro già avviato per la definizione della legge di bilancio, che avrebbe introdotto una più incisiva riforma fiscale, contenente quella che con formula semplificata viene definita flat tax, ma anche una riforma della giustizia tributaria e la necessaria riduzione del cuneo fiscale, misure di sostegno agli investimenti e all’export, un piano di rilancio per il Sud, vari interventi nel segno della spending review, un progetto articolato e compiuto di privatizzazioni.
Parimenti compromesso risulta l’ampio disegno riformatore affidato al Parlamento, dove sono in corso di esame vari disegni di legge di delega, che, una volta approvati, avrebbero consentito al Governo di adottare vari decreti legislativi contenenti codici di settore mirati a riordinare la legislazione e a semplificare la burocrazia in tutti i principali settori di attività. Lo scioglimento anticipato delle Camere arresterebbe anche le riforme del codice di procedure civile e del codice di procedura penale, oltreché del CSM, pensate soprattutto per accelerare i tempi della giustizia e rendere così più competitivo il nostro Paese anche agli occhi degli investitori stranieri.
Il Paese ha urgente bisogno che siano completate le misure per rendere sempre più efficace il piano degli investimenti e per favorire la crescita economica. Abbiamo predisposto vari strumenti, che con questa incertezza rischiano di non essere adeguatamente valorizzati: la cabina di regia interministeriale “Strategia Italia”, la task force della Presidenza del Consiglio “InvestItalia”, la centrale di progettazione presso l’Agenzia del demanio.
Caro Ministro dell’Interno, caro Matteo, promuovendo questa crisi di governo ti sei assunto una grande responsabilità di fronte al Paese.
Hai annunciato questa crisi chiedendo “pieni poteri” per governare il Paese e ancora di recente ti ho sentito invocare le piazze a tuo sostegno.
Questa tua concezione mi preoccupa.
Innanzitutto, le crisi di governo, nel nostro ordinamento repubblicano, non si affrontano e regolano nelle piazze, ma nel Parlamento.
In secondo luogo, il principio dei pesi e contrappesi è assolutamente fondamentale perché sia garantito il necessario equilibrio al nostro sistema democratico e siano precluse derive autoritarie.
Caro Matteo ispiri la tua azione alle concezioni sovraniste. Permettimi di richiamare il pensiero di un sovrano illuminato, Federico II di Svevia: “Quantunque la nostra maestà sia svincolata da ogni legge, non si leva tuttavia essa al di sopra del giudizio della ragione, che è la madre del diritto”.
Non abbiamo bisogno di uomini “con pieni poteri”, ma di persone che abbiano cultura istituzionale e senso di responsabilità.
Se tu avessi mostrato cultura delle regole e sensibilità istituzionale, l’intera azione di governo ne avrebbe tratto giovamento.
Ci sono stati vari episodi e atteggiamenti che ti ho sempre fatto notare, riservatamente, ma a volte anche pubblicamente. Ad esempio, quest’anno ho provato a partire anzitempo per elaborare una adeguata manovra economica: l’azione di governo se ne sarebbe avvantaggiata enormemente. Ti ho chiesto di indicarmi i delegati della Lega a sedere ai vari tavoli governativi: mi hai fatto attendere due mesi, invano, prima di indicarmi i nomi. Se avessi accettato di incontrare le parti sociali a Palazzo Chigi, insieme agli altri componenti del Governo, avremmo senz’altro accreditato, agli occhi del Paese, maggiore coesione della squadra di governo ed evitato che fosse compromessa l’efficacia dell’azione comune.
Se tu avessi accettato di andare al Senato per riferire sulla vicenda russa, una vicenda che oggettivamente merita di essere chiarita anche per i riflessi sul piano internazionale, avresti evitato al tuo Presidente del Consiglio di presentarsi al tuo posto, rifiutandoti, per giunta, di condividere con lui le informazioni di cui sei in possesso.
In coincidenza dei più importanti Consigli europei a cui ho preso parte, non sei riuscito a contenere la tua foga comunicativa e hai reso pubbliche dichiarazioni sui temi all’ordine del giorno, creando un controcanto politico che ha rischiato di generare confusione e certo non ha contribuito a rafforzare l’autorevolezza del nostro Paese.
In molteplici occasioni hai invaso le competenze degli altri Ministri, creando sovrapposizioni e interferenze che hanno finito per minare l’efficacia dell’azione. Hai criticato pubblicamente l’operato di singoli Ministri, incrinando la compattezza della squadra di governo, quando io stesso ti avevo pregato, all’indomani della competizione elettorale europea, di riferirmi direttamente e riservatamente nel caso avessi avuto osservazioni sulla composizione della squadra.
La cultura delle regole e il rispetto delle istituzioni certamente non si improvvisano. Ma sono qualità fondamentali per aspirare al ruolo di Ministro dell’Interno o di Presidente del Consiglio dei Ministri.
Chi ha compiti di responsabilità deve lavorare a soluzioni concrete e sostenibili, senza rincorrere o, addirittura, sollecitare le reazioni emotive dei cittadini.
Permettimi un’ultima osservazione, che, in verità, non ti ho mai riferito perché non riguarda specificamente i nostri compiti di governo.
Chi ha compiti di responsabilità dovrebbe evitare, durante i comizi, di accostare agli slogan politici i simboli religiosi. Questi comportamenti non hanno nulla a che vedere con il principio della “libertà di coscienza religiosa”. Piuttosto, sono appaiono episodi di “incoscienza” religiosa, che rischiano di offendere il sentimento dei credenti e, nello stesso tempo, di oscurare il principio di laicità, tratto fondamentale dello Stato moderno.
Amici del Movimento 5Stelle, mi sto rivolgendo alla Lega perché è il partito che ha preso l’iniziativa di interrompere l’azione di governo, ma invito anche voi a fare tesoro di questa esperienza. Quando si assumono incarichi di governo, bisogna essere pienamente consapevoli delle responsabilità che ne conseguono. Occorre evitare, in particolare, di lasciarsi condizionare da sondaggi, se del caso, non favorevoli. Bisogna lasciare che le valutazioni sull’operato di governo siano fatte alla fine, a consuntivo.
Mi sono soffermato a lungo sulla cultura delle istituzioni. Sottolineo che quando il Presidente del Consiglio si presenta in Aula per rendere una informativa richiesta dal Parlamento, come avvenuto al Senato in occasione della vicenda russa, il rispetto delle istituzioni impone di rimanere in Aula ad ascoltarlo e non c’è ragione che possa giustificare un allontanamento.
Signora Presidente, gentili Senatrici, gentili Senatori, la crisi in atto compromette inevitabilmente l’azione di questo Governo, che qui si arresta. Ma c’è ancora molto da operare.
L’Italia sta attraversando un periodo di grandi trasformazioni, un “tempo di passaggi” come direbbe Habermas.
C’è gran bisogno di Politica, con la “P” maiuscola: che significa capacità di progettare il futuro, esprimendo, ad un tempo, visione prospettica ed efficacia realizzativa.
Occorre lavorare per offrire ai nostri giovani giuste opportunità di vita personale e professionale, perché ogni giovane che parte e non ritorna è una sconfitta per il futuro del nostro Paese. Se non riusciremo a trattenerli, esporremo l’Italia a un destino di inesorabile declino.
Le nostre scuole devono diventare laboratori di apprendimento, dove il “come imparare” sia ben più importante del “cosa imparare” e i nostri giovani conservino l’attitudine a migliorare costantemente le proprie conoscenze.
E’ necessario orientare il nostro sistema di formazione verso le competenze digitali che saranno sempre più richieste anche nel mercato del lavoro.
L’intero comparto della ricerca va risolutamente potenziato, realizzando un sistema di coordinamento più efficace tra università ed enti di ricerca, anche attraverso un’agenzia nazionale.
E’ necessario proseguire nelle politiche di inclusione sociale al fine recuperare al circuito lavorativo le fasce della popolazione attualmente emarginate, in modo da consentire il pieno sviluppo della persona e realizzare il principio di eguaglianza sostanziale di cui al secondo comma dell’art. 3 Cost.
Le famiglie che hanno persone con disabilità non possono rimanere abbandonate a se stesse e, anche in quest’ambito, occorre procedere con la massima sensibilità politica per lenire questo disagio familiare e sociale.
Contemporaneamente al progetto di “autonomia differenziata”, che andrà doverosamente completato senza sacrificare i principi di solidarietà sociale e di coesione nazionale, è necessario varare un piano di rilancio del Sud, che contenga un più organico progetto di valorizzazione degli investimenti e di incremento dell’occupazione anche nelle aree più disagiate del Paese.
La politica deve adoperarsi per elaborare un grande piano che attribuisca all’Italia una posizione di leadership nel campo dei nuovi modelli economici eco-sostenibili.
Partiamo avvantaggiati. In Europa già ci distinguiamo per l’utilizzo delle energie rinnovabili. Dobbiamo puntare all’utilizzo delle tecniche scientifiche più innovative e sofisticate per consolidare questo primato. Abbiamo progetti all’avanguardia nello sfruttamento dell’energia dai moti ondosi, possiamo sfruttare nuove tecniche di produzione in base alla c.d. biomimesi.
L’obiettivo da perseguire deve essere una efficace “transizione ecologica”, in modo da pervenire a un’articolata politica industriale, che, senza scadere nel dirigismo economico, possa gradualmente orientare l’intero sistema produttivo verso un’economia circolare, che favorisca la “cultura del riciclo” e dismetta la “cultura del rifiuto”. Lo sviluppo equo e sostenibile deve spingerci a integrare in modo sistematico, nell’azione di governo, un nuovo modello di crescita, non più “economicistico”. Dobbiamo incentivare le prassi delle imprese socialmente responsabili, che permetteranno di rendere il nostro tessuto produttivo sempre più competitivo anche nel mercato globale. Confido che la cabina di regia “BenessereItalia”, che ho da poco istituita, possa tornare ben utile a questi scopi, anche in futuro.
E’ necessario promuovere le infinite vie del turismo, valorizzando la incredibile ricchezza del nostro patrimonio naturale, storico, artistico.
Questa valorizzazione deve passare anche attraverso il recupero delle nostre più antiche identità culturali, delle nostre tradizioni locali, della bellezza dei nostri borghi e dei piccoli comuni. Mi piace ricordare che, con recentissima delibera, abbiamo stabilito che il prossimo 26 ottobre sia la giornata nazionale dedicata alle tradizioni popolari e folcloristiche.
Occorre perseguire una politica economica e sociale espansiva, senza mettere a rischio l’equilibrio di finanza pubblica e, con esso, il risparmio dei cittadini.
Più in generale, la politica deve reagire alle sfide del mondo globale rilanciando un ventaglio di proposte e soluzioni che, più volte nei miei interventi, ho riassunto con la formula “nuovo umanesimo”. Non sto qui a riassumerle, ma è stata questa la stella polare che mi ha guidato in questi mesi di governo. Anche sull’Europa, occorre un rinnovato slancio di responsabilità.
Gli ideali che avevano nutrito le fasi iniziali del processo di integrazione stanno via via perdendo la loro forza propulsiva e il comune edificio europeo sta attraversando una fase particolarmente critica.
A questa crisi non si può certamente rispondere con un europeismo che, in più occasioni, ho definito “fideistico”, ma nemmeno si può opporre uno scetticismo “disgregatore”, volto a compromettere le conquiste raggiunte in questi sessant’anni, semmai invocando un velleitario ritorno a sovranità nazionali chiuse e conflittuali, con sterili ripiegamenti identitari.
Occorre invece rilanciare il progetto europeo, restituendo ad esso piena capacità attrattiva. Non si può puntare solo al rigore finanziario, ma occorre riconsiderare modelli di sviluppo e di crescita che si sono rivelati fallimentari. Abbiamo bisogno di un’Europa più sostenibile, più solidale, più inclusiva e, soprattutto, più vicina ai cittadini, che mostri considerazione anche per coloro che abitano le numerose periferie, non solo geografiche.
Occorre lavorare per rafforzare i diritti delle donne, per affrontare le nuove questioni sociali e riconoscere i nuovi diritti, ai quali l’ordinamento europeo deve offrire tutela e protezione, grazie al suo raffinato sistema di tutela multilivello, che - credetemi - è unico al mondo per intensità e completezza.
Mosso da questa profonda convinzione ho cercato, in questi quattordici mesi, di indirizzare la politica dell’Italia lungo il tracciato di un europeismo critico, ma sempre costruttivamente orientato.
Con questo spirito ho affrontato le fasi più delicate di confronto con l’Europa, riuscendo ad evitare all’Italia, per ben due volte, una procedura di infrazione per debito eccessivo, che si sarebbe rivelata particolarmente dannosa. Anche la recente designazione di Ursula von der Leyen a Presidente della Commissione europea è un’operazione alla quale l’Italia ha offerto un apporto decisivo: nel Consiglio europeo di fine giugno, mi sono personalmente speso per questa soluzione, scongiurando soluzioni complessivamente meno favorevoli al nostro Paese. Sforziamoci di cogliere tutte le opportunità che abbiamo davanti, piuttosto che contrastare queste nuove sfide in modo sterile, compromettendo, alla fine, i nostri stessi interessi nazionali.
L’Italia ha la possibilità di svolgere un importante ruolo anche sul piano internazionale. Possiamo giocare un ruolo chiave, per ragioni storiche, geografiche e culturali, nell’ambito del Mediterraneo allargato. E’ una regione attualmente segnata da crisi umanitarie e insidiosi conflitti, ma rimane comunque una terra di opportunità e, nell’interesse comune, occorre lavorare per garantire sicurezza e prosperità. Occorre continuare negli sforzi di promozione di una soluzione politica che ponga fine al conflitto militare che è in corso in Libia.
L’Italia deve farsi interprete, in Europa, del ruolo positivo che l’Africa può giocare nelle dinamiche internazionali, promuovendo un nuovo modello di “cooperazione tra pari”, che superi i modelli del passato basato su approcci asimmetrici. Con varie visite di Stato ho promosso il miglioramento delle relazioni con Paesi che offrono grandi opportunità di sviluppo al nostro sistema economico, tra cui la Cina (abbiamo aderito anche alla Via della Seta introducendo i nostri standard europei), l’India, la Cina, il Vietnam, la Federazione Russa. Ma la nostra politica estera, pur in un quadro geo-politico in forte movimento, deve rimanere fedele ai due pilastri del rapporto transatlantico e del rapporto con l’Unione Europea, di cui siamo Paese fondatore.
Mi avvio a conclusione. All’inizio di questa esperienza, quando il Presidente della Repubblica mi conferì l’incarico, dichiarai che sarei stato l’“avvocato del popolo”, promettendo di difendere, con il massimo impegno, tutti i cittadini, che da subito, pur non conoscendomi, mi hanno dato fiducia. Di questo li ringrazio. Proprio in ragione di questo impegno devo oggi concludere: la decisione della Lega, che ha presentato la mozione di sfiducia e ne ha chiesto l’immediata calendarizzazione, oltreché le dichiarazioni e i comportamenti, chiari e univoci, posti in essere in queste ultime settimane, mi impongono di interrompere qui questa esperienza di governo.
Ascolterò ovviamente con estrema attenzione tutti gli interventi che seguiranno. Ma voglio preannunciare che intendo completare questo passaggio istituzionale nel modo più lineare e conseguente.
Mi recherò, dopo il dibattito parlamentare, dal Presidente della Repubblica per comunicargli ufficialmente l’interruzione di questa esperienza di governo e rassegnare nelle sue mani le mie dimissioni da Presidente del Consiglio.
Il Presidente della Repubblica, supremo garante degli equilibri costituzionali, guiderà il Paese in questo delicato passaggio istituzionale.
Colgo l’occasione per rinnovargli la mia più profonda gratitudine per i consigli e il sostegno di cui mi ha costantemente onorato. Ringrazio tutti i Parlamentari che hanno fatto parte delle forze di maggioranza per avermi dato la possibilità di servire l’Italia. Ringrazio anche tutti i Parlamentari delle forze di opposizione: mi avete criticato, avete dissentito dalle mie opinioni, ma ogniqualvolta sono intervenuto in quest’Aula ho sempre colto nel vostro atteggiamento, nelle vostre parole, considerazione nei miei riguardi.
Questo incarico, questa esperienza mi lascia una grande eredità. Mi ha arricchito enormemente. Mi trasmette, e spero possa trasmettere anche ai più giovani che ci ascoltano, grande fiducia per il futuro del nostro Paese.
Ho potuto sperimentare di persona che, pur in un contesto molto complicato, è possibile fare politica senza inseguire affannosamente il consenso sui social, senza dover dipendere drammaticamente dal titolo di un giornale, senza mai insultare un avversario politico o inventarsi nemici dietro ogni angolo. Potrò testimoniare che per quanto nell’immediato sembrino efficaci gli slogan comunicativi, ancora più efficaci si dimostrano i ragionamenti politici basati sulla forza delle argomentazioni. Potrò testimoniare che quando si è chiamati a operare scelte dolorose, si può comunque ricevere l’apprezzamento dei cittadini se si riesce a spiegare loro, in piena trasparenza, che queste scelte sono ispirate dall’interesse generale e non dal tornaconto personale.
Potrò testimoniare che anche di fronte a posizioni radicalmente opposte, vi è sempre spazio per un confronto costruttivo, per giungere a un punto di mediazione, da intendere non come semplice via di mezzo, ma come la soluzione più meritevole nell’interesse di tutti i cittadini. Potrò testimoniare che se gli incarichi istituzionali sono vissuti non come posizioni di privilegio, ma come quotidiane occasioni di servire lo Stato, i sacrifici compiuti vengono ampiamente ripagati non solo dall’amore che si prova per la propria Patria, ma anche dall’affetto delle persone perbene, che sono la stragrande maggioranza.
Potrò testimoniare che se si assolve con “disciplina e onore”, come prevede la Costituzione, l’impegno quotidiano che comporta un munus publicum, i cittadini ci perdonano anche eventuali errori e manchevolezze personali.
Potrò confermare, inoltre, che la politica è davvero quella nobile arte che consente - cito liberamente Martin Buber - di perseguire percorsi di razionalità nel riconoscimento delle diversità.
Ringrazio, infine, le persone a me più care, gli affetti più stretti, per i sacrifici che ho loro imposto, mio malgrado, e per i quali non erano affatto preparati.
Questo incarico mi ha consentito di conoscere meglio l’Italia, il Paese in cui sono cresciuto, il Paese che amo immensamente. La nostra Patria ha enormi potenzialità di crescita e un immenso capitale economico-sociale-culturale che ci viene apprezzato in tutto il mondo, direi anche più di quanto noi stessi non facciamo. Dobbiamo solo tutti impegnarci, ciascuno nel proprio quotidiano, per accrescerne ancor più il prestigio.
Il reddito anche come misura di tutela in caso di recessione, lo ha spiegato il vicepremier Luigi Di Maio durante la kermesse pentastellata di presentazione del decretone.
"Con il reddito di cittadinanza, se mai ci sarà la recessione, io non so se andremo in recessione, noi metteremo in sicurezza le fasce più deboli, non faremo come gli altri". Lo afferma il vicepremier Luigi Di Maio dal palco dell'evento M5S chiedendo agli eletti del Movimento di "spiegare agli italiani come accedere agli strumenti varati e non andare in giro a dire cosa abbiamo fatto".
"Mi sono presentato come avvocato del popolo. Oggi mi presento come garante di un nuovo patto sociale tra i cittadini e lo Stato: vogliamo realizzare questo nuovo patto sociale e io sarò garante dell'attuazione". Lo dice il premier Giuseppe Conte all'evento M5s sul reddito di cittadinanza. "Vogliamo che tutti i cittadini - ha aggiunto - possano prenderne parte: il reddito sarà pilastro portante e vigilerò con tutti gli strumenti a disposizione affinché questo progetto non sia deturpato da furbizie, abusi e storture di sorta".
"Avevamo promesso la pensione di cittadinanza, e anche i pensionati entreranno in questo programma. Ovviamente per queste persone non varrà la parte di politiche attive del lavoro, ma i principi di accesso sono gli stessi che per il reddito. La pensione di cittadinanza interesserà 500mila nonni italiani a cui miglioreremo un po' la qualità della vita", dice il ministro del Lavoro.
"La card per il reddito sarà una normale Poste pay per non discriminare nessuno ma non potrà essere spesa nel gioco d'azzardo", annuncia Di Maio.
"Quota 100 è uno strumento di cui andiamo orgogliosi: ha ricevuto tantissime critiche ma potranno andare in pensione fino a 620mila persone. Non sappiamo quanti aderiranno ma saranno sicuramente di più di quelli dell'anno scorso. Sarà occasione non solo di turn over per i giovani ma anche di cambiare la P.a", ha detto ancora.
"Mimmo Parisi sarà il capo dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro: ha accettato di tornare in Italia e darci una mano". Ha detto Di Maio invitando sul palco il professore che ha inventato la figura del "navigator" per favorire la ricerca del lavoro. Di Maio lo presenta, con un lapsus, come un "italo-pugliese": "L'ho conosciuto qualche mese fa alla Camera e mi ha raccontato quello che sta facendo da professore in Mississippi".
"Si è detto, anche un po' per denigrare, che il reddito era uno strumento per stare sul divano. Noi crediamo sia uno strumento di politica attiva del lavoro. Ma la platea a cui viene diretto è fatta di persone perbene, che proprio perché sono rimaste perbene, sono rimaste in difficoltà". "E va da se che conviene accettare la prima offerta, entro 100 chilometri", sottolinea Di Maio che spiega come, nei primi 12 mesi, "arriverà in ogni caso una prima offerta entro 250 km".
"La settimana prossima firmiamo il decreto ministeriale che permetterà alle imprese di abbassare il costo del lavoro riducendo del 30% i premi Inail". Lo annuncia il vicepremier Luigi Di Maio all'evento M5s sul reddito di cittadinanza. "E poi c'è un miliardo di euro per le start up innovative: nascerà il Fondo start up innovazione per tutti i giovani che vanno all'estero", aggiunge.
"Contro tutto questo il Pd sta raccogliendo le firme per fare il referendum, è una roba allucinante, raccolgono le firme per togliere un diritto umano. Chi è causa del suo mal pianga se stesso". Lo afferma Alessandro Di Battista dal palco dell'evento M5S sul reddito di cittadinanza.
Scenografia giallo-blu con le scritte "reddito di cittadinanza" e "quota 100" in bianco per l'evento organizzato dal M5S sul decretone atteso in Parlamento. Al centro, dietro il palco, un maxi-schermo proietta video e slide. Allo spazio evento di via Palermo sono già arrivati numerosi ministri, da Danilo Toninelli a Alfonso Bonafede mentre da poco è arrivato anche il premier Giuseppe Conte. Presenti il vicepremier Luigi Di Maio e Davide Casaleggio mentre Beppe Grillo, assente per motivi personali, si collegherà via Skype. Presenti, inoltre i parlamentari M5S e la capogruppo nella Regione Lazio Roberta Lombardi. E da qualche minuto è entrato in sala anche Alessandro Di Battista.
"Nessuno ci credeva. E invece finalmente ce l'abbiamo fatta: abbiamo ottenuto reddito e quota 100". Così il ministro Danilo Toninelli, arrivando alla convention dei 5Stelle.