mercoledì 13 agosto 2014

ANDREA CIOFFI (M5S) svendiamo le nostre spiagge a 1,30 Euro al metro quadro


Un paio di settimane fa in Commissione Lavori pubblici abbiamo audito una funzionaria dell'Agenzia del Demanio ci ha parlato di un tema molto interessante visto anche che i troviamo nel pieno della stagione estiva. Si tratta del prezzo che pagano allo Stato i concessionari di aree demaniali. 




Il tema è quanto mai attuale dato che la crisi dei consumi fa sì che in questo ultimo periodo, tante famiglie si vedano costrette a rinunciare ad andare al mare per gli elevati costi. E' un dato di fatto che le vacanze in Italia sono tra le più costose di tutto il mediterraneo. I prezzi medi, infatti, per gli abbonamenti stagionali degli ombrelloni, lettini e cabina varia tra i 1000 ed i 2000 euro. 


Assumendo come superficie media di uno stabilimento quella di 1500 metri quadri, il corrispettivo per il canone di concessione (tra aree scoperte e coperte) è di 2100 euro all'anno. Ma voi, vi siete per caso mai chiesto quanto pagano gli stabilimenti balneari per la concessione governativa degli ombrelloni e dei lettini? 

Secondo quanto previsto dalla circolare n. 63 del Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti del 3 marzo 2014, il prezzo per metro quadro pagato dagli stabilimenti balneari per le aree in concessione, come sono le nostre spiagge, è...solo...pari ad € 1,3. 
Detto prezzo fu stabilito nell'anno 1989 e, in questi 25 anni non è mai stato modificato salvo adeguamento Istat. Il paradosso di tutta questa situazione è che nel frattempo le famiglie si sono impoverite e gli accessi ai beni pubblici risultano essere sempre più limitati e soprattutto più costosi, per le fortune di pochi. 

Sarebbe opportuno, dunque, un deciso intervento da parte dello Stato che possa da una parte garantire la libera iniziativa economica e che al contempo garantisca ai cittadini il godimento dei beni pubblici in modo equo.


(Andrea Cioffi M5S)

martedì 12 agosto 2014

SERENELLA FUCKSIA (M5S) Interrogazione su stoccaggio Gas di San Benedetto del Tronto

Interrogazione a risposta scritta 4-02425 
presentata da SERENELLA FUCKSIA 
mercoledì 2 luglio 2014, seduta n.273
FUCKSIA, PETROCELLI, CAPPELLETTI, SERRA, GAETTI, SIMEONI, VACCIANO, CASTALDI, MONTEVECCHI, BUCCARELLA - Ai Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute - Premesso che:
nel mese di settembre 2006, il sito di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) è stato inserito nell'elenco dei giacimenti in fase avanzata di coltivazione messi a disposizione degli operatori per la loro conversione in siti di stoccaggio di gas naturale (comunicato del 26 settembre 2006 pubblicato nel Bollettino ufficiale idrocarburi e georisorse anno L, n. 10, del Ministero dello sviluppo economico). Il sito è stato selezionato dal Ministero ai sensi del decreto legislativo n. 164 del 2000 (cosiddetto decreto Letta) ed è stato altresì considerato fra i candidabili per la riconversione a stoccaggio, nonostante presenti importanti criticità riscontrabili sia sotto il profilo della sicurezza per le popolazioni residenti, sia sotto il profilo ambientale;dalla suddetta data si sono avvicendate una serie di domande di autorizzazione per la realizzazione di progetti che potrebbero mettere a rischio la sicurezza delle popolazioni residenti ed il patrimonio ambientale della zona, tra cui il progetto presentato nel luglio 2010 alla Regione Marche nell'ambito del procedimento statale di valutazione di impatto ambientale (VIA), ai sensi dell'art. 23 del decreto legislativo n. 152 del 2006, dall'azienda privata GasPlus Storage Srl, appartenente al gruppo Gas Plus SpA, operante nella ricerca, estrazione, trasporto, distribuzione e vendita di gas;
il progetto, consistente nella realizzazione di un impianto di stoccaggio di gas nel sottosuolo di San Benedetto del Tronto, che coinvolge diverse amministrazioni comunali limitrofe, anche dell'Abruzzo, prevedrebbe operazioni di prelevamento del gas dalla rete, pompaggio ad alta pressione nel sottosuolo, ri-estrazione, raffinazione e re-immissione nella stessa rete. A tale scopo, verrebbe utilizzato un insieme di rocce-serbatoio, posto a meno di 3 chilometri di profondità, nel quale iniettare gas durante la stagione estiva ed estrarre gas durante la stagione invernale, in base alle esigenze di mercato, con la realizzazione di una plusvalenza ed acquisizione dei benefici statali previsti dal decreto legislativo n. 130 del 2010. Tale operazione a carattere finanziario dovrebbe essere avviata nell'ipotesi che le caratteristiche tecniche dell'impianto siano compatibili con l'ambiente circostante lato sensu;
la centrale sorgerebbe a circa 250 metri da un quartiere densamente popolato dove sono presenti scuole, asili nido e sarebbe contigua ad un'autostrada, la A14, una delle principali arterie della zona, dove transitano milioni di veicoli all'anno;
considerato che:
a parere degli interroganti il progetto, come presentato, risulta in evidente contrasto con la normativa italiana, in particolare, con l'art. 216 del regio decreto n. 1265 del 1934 e con il decreto legislativo n. 334 del 1999, al cui articolo 14 si stabilisce che in materia di pianificazione territoriale è necessario mantenere dei requisiti minimi di sicurezza, quali l'opportuna e necessaria distanza degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante dalle zone residenziali, dalle vie di comunicazione (autostrade) e dai luoghi frequentati dal pubblico (scuole, impianti sportivi, eccetera). Inoltre la normativa europea, in particolare la direttiva 2012/18/UE, ha confermato quanto sancito dalla normativa italiana;
l'impianto si insedierebbe in un'area a forte rischio di esondazione, vicino, peraltro, ad una discarica a cielo aperto di rifiuti tossici speciali, già posta sotto sequestro dalla Procura della Repubblica di Ascoli Piceno, nonché adiacente ad un fosso collettore, che sfocia nel mar Adriatico, all'interno di una riserva naturale regionale protetta, con le caratteristiche di SIC (sito di interesse comunitario) e di ZPS (zona di protezione speciale);
le criticità evidenziate sono accompagnate da un ulteriore fattore di rischio determinato dalla situazione geologico-strutturale del sottosuolo, che pone dubbi sulla tenuta del giacimento sotterraneo esausto che verrebbe utilizzato per lo stoccaggio del gas.
Tale problematica è stata evidenziata nel rapporto "Osservazioni in materia di salute pubblica sullo Studio di Impatto Ambientale per la procedura di VIA (valutazione impatto ambientale) del progetto San Benedetto del Tronto" pubblicato il 26 marzo 2012 dall'Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA) Marche (Dipartimento di Ancona, Servizio di epidemiologia ambientale) e dall'OEAM (Osservatorio epidemiologico delle Marche). Tale rapporto è stato trasmesso agli uffici della Regione Marche chiamati ad esprimersi sulla valutazione d'impatto ambientale;
l'Arpa Marche nello stesso rapporto, sotto il profilo di tutela dell'ambiente e della salute pubblica pone dei forti dubbi sulla sicurezza dell'impianto, affermando che: "non è possibile effettuare una valutazione completa sui possibili rischi di salute pubblica, mancando anche i dati relativi alla popolazione potenzialmente esposta" e sopratutto lamentando il mancato svolgimento di una valutazione d'impatto sanitario (VIS);
a giudizio degli interroganti le criticità evidenziate dall'ARPA Marche sarebbero sufficienti, secondo il "principio comunitario di precauzione", enunciato all'articolo 301 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (ovvero l'obbligo di adottare misure di prevenzione anche se alcuni rapporti di causa ed effetto non sono provati scientificamente in maniera completa), a non autorizzare la realizzazione dell'impianto;
considerato inoltre che, a parere degli interroganti:
la centrale di stoccaggio con i suoi tralicci di perforazione e la sua candela di bruciatura dei gas non metanici determinerebbe effetti dannosi per il turismo, uno dei principali settori produttivi su cui si basa l'economia della località di San Benedetto del Tronto, peraltro, collocata tra le prime città della costa adriatica come numero di presenze annue;
la localizzazione di questa centrale non gioverebbe alla qualità dell'aria del territorio, già valutato tra i siti più inquinati delle Marche, tanto da rientrare nel "piano di risanamento e mantenimento della qualità dell'aria" della Regione. La stessa ARPA Marche, a tal proposito, nel rapporto ha evidenziato che "la situazione ambientale, soprattutto del territorio di San Benedetto del Tronto, per quanto riguarda l'inquinamento atmosferico e lo stato di salute dei residenti nel Comune, sebbene si possano notare segni di miglioramento, appare abbastanza delicata", auspicando "che nel territorio in esame siano messi in atto solo interventi migliorativi tesi a ridurre la contaminazione dell'aria e rendere più rapido e stabile il progressivo miglioramento delle condizioni di salute dei residenti";

considerato altresì che:
risulta agli interroganti che negli anni 2011 e 2012 si sono susseguiti molte iniziative, molti inviti e diffide indirizzate al Ministero dello sviluppo economico, autorità procedente, da parte di associazioni di cittadini di San Benedetto del Tronto, affinché si interrompesse il procedimento e si considerassero i loro diritti, non coercibili e non contrattabili, in virtù degli articoli 32, 41 e 42 della Costituzione. Tali istanze sono state condivise con delibera del 3 marzo 2014 dallo stesso Comune;
la Regione Marche, tramite diversi atti (verbale di Giunta n. 106 del 28 gennaio 2013 e decisione della Giunta del 28 gennaio 2013), e altri enti territoriali delle Marche e del vicino Abruzzo coinvolti nel progetto (Provincia di Ascoli Piceno, Comune di Monteprandone, Unione dei Comuni città territorio di val Vibrata, eccetera), si sono espressi negativamente con appositi atti istituzionali (delibere, decisioni) alla realizzazione dell'impianto, anticipando il parere negativo all'intesa;
in data 18 marzo 2013, il dirigente della posizione di funzione "Valutazioni ed autorizzazioni ambientali" della Regione Marche, nonostante le osservazioni negative dell'ARPA Marche e dell'OEAM e le istanze della cittadinanza, con decreto, ha rilasciato parere positivo sulla VIA;
in data 1° ottobre 2013 è stato presentato alla Procura della Repubblica di Ascoli Piceno un esposto firmato da consiglieri comunali, deputati e senatori del Movimento 5 Stelle, in cui vengono indicate le numerose ragioni di ordine tecnico volte a sottolineare la pericolosità dell'impianto e l'inopportunità di un'autorizzazione alla sua realizzazione;
in data 19 giugno 2014, il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare di concerto con quello dei beni e delle attività culturali e del turismo, a parere degli interroganti indifferente alle ripetute istanze dei portatori di interessi collettivi, ha emanato il decreto di VIA, affermando la compatibilità del progetto;
considerato infine che:
l'articolo 26, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, fissa nel termine di 150 giorni la durata massima del procedimento di VIA, prorogabili di ulteriori 60, esclusivamente in caso di accertamenti ed indagini di particolare complessità;
pertanto, il Ministero dell'ambiente, emanando solo il 19 giugno 2014 il decreto, è andato fuori dai tempi massimi indicati al precedente punto,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti indicati;
se, per quanto di propria competenza, abbiano provveduto a promuovere una valutazione dell'impatto sanitario al fine di valutare le conseguenze che la centrale avrebbe nei confronti delle popolazioni residenti in prossimità dell'area di localizzazione dell'impianto;
se, nei limiti delle proprie attribuzioni, non intendano respingere la richiesta di autorizzazione alla realizzazione dell'impianto di stoccaggio del gas, promossa dalla società GasPlus Storage Srl, anche in virtù delle criticità emerse nonché dell'inutile decorrenza dei termini per l'emanazione del provvedimento espresso e motivato della valutazione di impatto ambientale nei termini previsti dal decreto legislativo n. 152 del 2006;
quali iniziative di competenza intendano assumere, anche attivando procedure ispettive, per verificare la correttezza delle fasi del procedimento autorizzativo, al fine di dissipare ogni possibile dubbio circa la responsabilità dei ritardi nonché sull'appropriatezza delle scelte compiute dagli uffici tecnici regionali e ministeriali, in particolare in merito al rilascio di parere positivo alla VIA.

lunedì 11 agosto 2014

DONATELLA AGOSTINELLI (M5S) interrogazione parlamentare sull'edilizia pubblica e residenziale di Senigallia

Ho provveduto a depositare una interrogazione a risposta scritta in Commissione al Ministro del lavoro e delle politiche sociali ed al Ministro dell’Economia e delle Finanze ponendogli alcune domande in materia di edilizia residenziale pubblica.
In particolare nella interrogazione ho chiesto ai Ministri quale sia lo stato di attuazione  del  programma di edilizia residenziale pubblica di interesse nazionale di cui all'articolo 59 del decreto legislativo n 112 del 1998, con particolare riguardo alla regione Marche ed al territorio del comune di Senigallia, segnalando l’opportunità di individuare, quale principio in materia di edilizia residenziale pubblica, quello per il quale nella assegnazione di alloggi di edilizia economica e popolare si debba dare priorità ai nuclei familiari a più basso reddito.
Infine ho domandato quale sia stata la sorte del contributi GESCAL.
Ma andiamo con ordine.
Dal 1998 la maggior parte delle funzioni in materia di edilizia residenziale pubblica è stata trasferita alle regioni ed ai comuni, secondo il principio della sussidiarietà verticale.
I compiti che residuano allo Stato nella materia dell’edilizia residenziale pubblica vengono indicati in modo puntuale dall’articolo 59 del decreto legislativo n 112 del 1998.
Su un piano più generale va rilevato tuttavia il fallimento delle politiche di edilizia residenziale pubblica, che va  imputato anche all'improprio utilizzo delle risorse dei Fondi Gescal.
Come è noto il fondo Gestione Case per i Lavoratori (GESCAL), è stato costituito nel 1963 in seguito alla trasformazione del Piano INA-Casa; si trattava di un fondo destinato alla costruzione ed alla assegnazione di case ai lavoratori, costituito mediante prelievi effettuati direttamente sulle retribuzioni di dipendenti pubblici e privati, comprensive di contingenza, pari allo 0,35%, mentre le imprese dovevano versare lo 0,70%.                                                                  
Secondo una ricerca Eurisipes, fino al 1994, il fondo, che a quell'epoca aveva una dotazione di 21 mila miliardi di lire complessivi, era stato utilizzato solo parzialmente dalle regioni in favore di Iacp e comuni, cioè solo per il 63,4%.                                                                                                                             
Una "così cospicua" giacenza, in pratica, è stata la riserva dalla quale attingere per ripianare buchi di bilancio e mettere a posto i conti dello Stato o di altri enti pubblici, in questo modo affossando un settore produttivo come l'edilizia residenziale pubblica che produceva decine di migliaia di posti di lavoro l'anno.
Nel 1996, ad esempio, dai fondi ex Gescal, furono attinti i due terzi dei soldi necessari per il finanziamento della riforma delle pensioni.
Questa distrazione di fondi GESCAL dagli scopi istituzionali è stata una delle principali ragioni del fallimento della politica residenziale pubblica;
I contributi GESCAL sono stati quindi soppressi dal primo gennaio 1996, per la quota a carico dei lavoratori e dal 31 dicembre 1998 per la quota versata dalle aziende.
In pratica dal 1998 è cessato il prelievo ex-Gescal dalla busta paga dei lavoratori dipendenti.
Ho quindi domandato al Ministro quale sia stata la sorte di questi fondi.
Ho poi “messo sotto la lente" la situazione del Comune di Senigallia che ritengo significativa in se ed emblematica di una problematica più generale.
Da uno studio del CRISS (Centro interdipartimentale di ricerca sociosanitaria), condotto sui 49 comuni della provincia di Ancona, che ha preso in considerazione il decennio 2001/2010, emerge che a Senigallia, gli alloggi assegnati dalle amministrazioni comunali, durante il decennio preso in considerazione sono stati solo 78, di cui 41 nuovi e 37 di recupero.
Recentemente il Comune di Senigallia ha adottato un piano per l'edilizia economica e popolare in zona Cesano di Senigallia, approvando un programma pluriennale che prevede l'attuazione di 4 comparti (A, B, C, D), per un totale di 92 alloggi di edilizia pubblica sovvenzionata a canone sociale (delibera del consiglio comunale n. 70 dell’11 luglio 2007, avente ad oggetto "P.E.E.P. Cesano").                                                                           
Ma la destinazione di gran parte di questi alloggi è prevista per coloro che guadagnano uno stipendio compreso tra i 1000 e i 1500 euro mensili.                                
Nella interrogazione ho quindi evidenziato che sarebbe più opportuno assegnare questi alloggi alle fasce più deboli, cioè fasce con redditi inferiori ai 1000 euro.
Infine ho anche segnalato un bando del 9 maggio 2011, pubblicato sempre dal Comune di Senigallia, in esecuzione della delibera di giunta municipale n 344 del 1 dicembre 2005, per l'assegnazione di 44 alloggi erp nel quartiere Cesanella, da porre in locazione permanente.                                                                                    
Ma a fronte di ben 506 famiglie aventi diritto ad un alloggio pubblico sociale appare del tutto evidente che si tratta di un intervento del tutto insufficiente.
Con questa prima interrogazione, intendo avviare un percorso di approfondimento e verifica su un argomento di estremo interesse, ovvero quello dell’ edilizia residenziale pubblica.
La cancellazione di fatto di questa importante funzione svolta dallo Stato, i falsi trasferimenti di competenze a Comuni e Regioni (senza contestuale adeguato trasferimento di risorse), il furto di soldi dei lavoratori che dovevano essere destinati alla erp e che sono stati usati per altro, ecc… hanno contribuito a rendere ancora più forte l’impatto della crisi, facendo trovare lo Stato impreparato a sopperire alle emergenze che la crisi stessa ha accentuato, fra cui la perdita della possibilità di avere una casa.
Ringrazio i cittadini che fanno parte del gruppo di lavoro Urbanistica del MeetUp MoVimento 5 Stelle Senigallia per l’importante lavoro di approfondimento svolto finora sulla base del quale ho sviluppato questo primo intervento parlamentare sul tema.

(Donatella Agostinelli M5S)